Sulle tombe dei punici dieci anni di guerra fra la storia e il cemento
Francesca Ortalli
L'Unità 08/02/2010
Ancora una volta è una sentenza del Consiglio di Stato a salvare il paesaggio dalle mani invasive dei costruttori. Stop alle betoniere che stavano devastando una necropoli, una zona unica nel suo genere che proprio dagli amministratori dovrebbe essere tutelata e protetta. Invece capita che in Sardegna, lembo di terra sospeso su uno dei mari pi belli del Mediterraneo, pezzi di territorio comuni siano spesso svenduti o regalati a chi su quei paesaggi mozzafiato, zone archeologiche comprese, vuole semplicemente fare soldi. Era già successo con Cala Giunco, sottratta giusto in tempo ai mega progetti espansionistici dell'imprenditore-editore Sergio Zuncheddu. Ed è successo ancora anche con Tuvixeddu. La storia inizia nel 2000 quando fu firmato l'accordo di programma tra Regione, guidata allora da Mario Floris, il Comune di Cagliari (sindaco Mariano Delogu oggi senatore del Pdl) e l'impresa di Cualbu. Tuvixeddu finiva di essere una necropoli. Qui la Nuova Iniziativa Coimpresa di Gualtiero Cualbu aveva pensato di edificare un complesso residenziale di centocinquantamila metri cubi: al posto delle tombe, palazzine eleganti, fioriere e viali alberati per accontentare gli esigenti clienti. Le betoniere si mettono in moto nel 2006. La chiamarono «riqualificazione ambientale» quell'investimento da settanta milioni di euro che sventrava la colline e devastava le tombe. Lo sfascio è ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Ma la giunta regionale guidata allora da Renato Soru non ci sta. Con una delibera urgente blocca i lavori senza troppi complimenti: quel paesaggio va tutelato, non ci sono accordi di programma che tengano. Da lì inizia un lungo braccio di ferro legale con la Nuova Iniziativa Coimpresa. Interviene il mondo della cultura, lo stesso Giovanni Lilliu supplica la politica di salvare quel colle simbolo della storia antica di tutti i sardi. Cualbu non sente ragioni: c'è un accordo di programma firmato e sottoscritto e quindi si va avanti. Il 25 agosto del 2008 arrivano anche il nullaosta paesaggistico da parte del Comune (guidato da Emilio Floris, Pdl). È il settembre del 2008 quando il TAR sancisce il diritto dell'imprenditore a costruire sul quella zona e respinge la delibera con la quale la giunta Soru aveva stoppato le ruspe. Ma il dodici settembre dello stesso anno l'allora Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici della Sardegna, Fausto Marino annulla l'autorizzazione concesse dal Comune. Altro ricorso al Tar fino alla sentenza n. 00542 del 20 aprile 2009: Cualbu e il Comune di Cagliari avevano ragione. Per Tuvixeddu sembra arrivata la fine. La Soprintendenza però non si arrende e ricorre al Consiglio di Stato. Che, finalmente, con sentenza definitiva e quindi inappeliabile, da ragione alla Soprintendenza. Nel frattempo nell'aprile del 2009 la procura di Cagliari apre due fascicoli. Nel primo, l'ex governatore della Regione Renato Soru e l'ex assessore ai lavori pubblici Carlo Mannoni sono indagati per abuso d'ufficio per l'affidamento diretto all'architetto francese Gilles Clement del progetto di riqualificazione di tutta l'area. Il secondo invece, vede indagati lo stesso Gualtiero Cualbu insieme all'ex sovrintendente ai beni archeologici Vincenzo Santoni, e alla figlia Valeria Santoni, con le accuse di falso e concorso in abuso d'ufficio. Nei giorni scorsi il pm Daniele Caria ha chiesto l'archiviazione di tutti gli indagati tranne che per Vincenzo Santoni. Nelle oltre venti pagine della relazione, il pm Daniele Caria getta alcune ombre sulle decisioni dell giudici del Tar. In buona sostanzaL la tutela del paesaggio è di competenza esclusiva dello Stato e quindi U'accordo del duemila poteva essere cancellato alla luce dei fatti nuovi. Il Tar inoltre aveva deciso solo sulla base delle dichiarazioni di Santoni che negava qualsiasi ritrovamento significativo a partire dal 97. Falso, come risulta dalle relazioni della funzionaria Donatella Salvi (mille ritrovamenti negli ultimi anni). Per Caria quindi il silenzio di Santoni servì per aiutare la figlia alle dipendenie di Cualbu. Sorti e Mannoni invece con la riqualificazione dell'area avevano un altro obiettivo; quello di tutelare un bene comune. Cosa rara, a quanto pare, da dover essere messa nera su bianco.
Francesca Ortalli
L'Unità 08/02/2010
Ancora una volta è una sentenza del Consiglio di Stato a salvare il paesaggio dalle mani invasive dei costruttori. Stop alle betoniere che stavano devastando una necropoli, una zona unica nel suo genere che proprio dagli amministratori dovrebbe essere tutelata e protetta. Invece capita che in Sardegna, lembo di terra sospeso su uno dei mari pi belli del Mediterraneo, pezzi di territorio comuni siano spesso svenduti o regalati a chi su quei paesaggi mozzafiato, zone archeologiche comprese, vuole semplicemente fare soldi. Era già successo con Cala Giunco, sottratta giusto in tempo ai mega progetti espansionistici dell'imprenditore-editore Sergio Zuncheddu. Ed è successo ancora anche con Tuvixeddu. La storia inizia nel 2000 quando fu firmato l'accordo di programma tra Regione, guidata allora da Mario Floris, il Comune di Cagliari (sindaco Mariano Delogu oggi senatore del Pdl) e l'impresa di Cualbu. Tuvixeddu finiva di essere una necropoli. Qui la Nuova Iniziativa Coimpresa di Gualtiero Cualbu aveva pensato di edificare un complesso residenziale di centocinquantamila metri cubi: al posto delle tombe, palazzine eleganti, fioriere e viali alberati per accontentare gli esigenti clienti. Le betoniere si mettono in moto nel 2006. La chiamarono «riqualificazione ambientale» quell'investimento da settanta milioni di euro che sventrava la colline e devastava le tombe. Lo sfascio è ancora oggi sotto gli occhi di tutti. Ma la giunta regionale guidata allora da Renato Soru non ci sta. Con una delibera urgente blocca i lavori senza troppi complimenti: quel paesaggio va tutelato, non ci sono accordi di programma che tengano. Da lì inizia un lungo braccio di ferro legale con la Nuova Iniziativa Coimpresa. Interviene il mondo della cultura, lo stesso Giovanni Lilliu supplica la politica di salvare quel colle simbolo della storia antica di tutti i sardi. Cualbu non sente ragioni: c'è un accordo di programma firmato e sottoscritto e quindi si va avanti. Il 25 agosto del 2008 arrivano anche il nullaosta paesaggistico da parte del Comune (guidato da Emilio Floris, Pdl). È il settembre del 2008 quando il TAR sancisce il diritto dell'imprenditore a costruire sul quella zona e respinge la delibera con la quale la giunta Soru aveva stoppato le ruspe. Ma il dodici settembre dello stesso anno l'allora Soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici della Sardegna, Fausto Marino annulla l'autorizzazione concesse dal Comune. Altro ricorso al Tar fino alla sentenza n. 00542 del 20 aprile 2009: Cualbu e il Comune di Cagliari avevano ragione. Per Tuvixeddu sembra arrivata la fine. La Soprintendenza però non si arrende e ricorre al Consiglio di Stato. Che, finalmente, con sentenza definitiva e quindi inappeliabile, da ragione alla Soprintendenza. Nel frattempo nell'aprile del 2009 la procura di Cagliari apre due fascicoli. Nel primo, l'ex governatore della Regione Renato Soru e l'ex assessore ai lavori pubblici Carlo Mannoni sono indagati per abuso d'ufficio per l'affidamento diretto all'architetto francese Gilles Clement del progetto di riqualificazione di tutta l'area. Il secondo invece, vede indagati lo stesso Gualtiero Cualbu insieme all'ex sovrintendente ai beni archeologici Vincenzo Santoni, e alla figlia Valeria Santoni, con le accuse di falso e concorso in abuso d'ufficio. Nei giorni scorsi il pm Daniele Caria ha chiesto l'archiviazione di tutti gli indagati tranne che per Vincenzo Santoni. Nelle oltre venti pagine della relazione, il pm Daniele Caria getta alcune ombre sulle decisioni dell giudici del Tar. In buona sostanzaL la tutela del paesaggio è di competenza esclusiva dello Stato e quindi U'accordo del duemila poteva essere cancellato alla luce dei fatti nuovi. Il Tar inoltre aveva deciso solo sulla base delle dichiarazioni di Santoni che negava qualsiasi ritrovamento significativo a partire dal 97. Falso, come risulta dalle relazioni della funzionaria Donatella Salvi (mille ritrovamenti negli ultimi anni). Per Caria quindi il silenzio di Santoni servì per aiutare la figlia alle dipendenie di Cualbu. Sorti e Mannoni invece con la riqualificazione dell'area avevano un altro obiettivo; quello di tutelare un bene comune. Cosa rara, a quanto pare, da dover essere messa nera su bianco.