martedì 12 agosto 2014

Yazidi

A dar in Europa  notizia, falsa e tendenziosa nel modo tipico di ogni missionario, degli Yazidi   fu verso la fine del Settecento un domenicano italiano, il padre Maurizio Garzoni, che visse per lunghi anni in contatto  con loro, ne scrisse una relazione  concernente tutto ciò che, secondo la sua ottica volutamente deformante e deformate, poté apprendere sulle loro dottrine e sul loro modo di vivere e di comportarsi.
A sentire il “buon padre” Garzoni ci troveremmo di fronte proprio agli adoratori del maligno: «Fra le tante sette dei Maomettani, sorte nella Mesopotamia dopo la morte del loro falso profeta, la più odiosa di tutte senza dubbio è quella dei Yezidi », « Questa setta » prosegue il Garzoni il è un miscuglio degli errori
Si capisce perché il mediaticamente invadente Bergoglio  faccia così tanta fatica a pronunciare il loro nome.
Naturalmente gli Yazidi non hanno nulla a vedere con il diavolo, entità che esiste solo per i cristiani e gli islamici.
Da sempre tutti i monoteisti hanno un gran godimento nel distruggere gli infedeli. C’è un racconto degli Yazidi che forse ci consente di capire l’odio del missionario cristiano nei loro confronti, scrive lo studioso cristiano Giuseppe Furlani: “
Sceikh Adi: questi sarebbe, secondo la versione più diffusa tra loro, il vero fondatore della religione e in pari tempo anche il loro dio. Egli ricevette un giorno una rivelazione divina che gli ingiunse di recarsi in un convento cristiano e di occuparlo. Adi si recò proprio a settentrione di Mossul, precisamente là dove in una valle lunga e stretta si eleva ora il loro santuario nazionale, e presentatosi ai due monaci del convento cristiano che colà si trovava disse loro di sgombrare e di cedergli l'edificio. Ma essi si rifiutarono. Adi non usò loro, da persona buona e pia che era, violenza alcuna, ma si contentò di prender stanza in una spelonca vicina, finché i monaci di propria iniziativa e pieni di pentimento li cedettero il convento.” Certo per la mentalità cristiana un comportamento da essere malvagio.


domenica 27 luglio 2014

Palmiria

Palmiria

Culti greci e sapone alla Crypta Balbi scoperti un tempio e un'antica lavanderia

Culti greci e sapone alla Crypta Balbi scoperti un tempio e un'antica lavanderia
SARA GRATTOGGI
LA REPUBBLICA 20 luglio 2014
LE VASCHE di cocciopesto e l'altare ad arco raccontano il passato dei due nuovi ambienti scoperti nel complesso della Crypta Balbi. Un'antica lavanderia (fullonica), attiva nel II secolo d. C., e un sacello dedicato al culto di divinità greche e orientali, in uso fra il II e il III secolo d. C.. Due nuovi spazi scavati fra il 2013 e l'aprile scorso dalla Soprintendenza per i Beni archeologici di Roma, che da oggi ampliano il percorso archeologico nel quartiere antico, un isolato nel Campo Marzio meridionale, nato dopo l'incendio dell'80 d. C. a est del portico della Crypta Balbi, ma brulicante di vita e attività commerciali fino ai primi anni del VII secolo d. C..
A illustrare le nuove scoperte è la direttrice del museo, Laura Vendittelli: «Siamo nella fase più antica, contestuale alla costruzione degli edifici nel quartiere. E, in effetti, la fullonica è l'unico indizio di attività artigianale del quartiere in età imperiale giunto fino a noi». Lungo il nuovo percorso, pavimentato in opus spicatum, nel primo degli ambienti riportati alla luce sono visibili i resti del piccolo impianto di fullonica, costituita da una serie di vaschette di cocciopesto, con un catino all'interno, separate da muretti. Lungo uno dei lati è stato identificato anche il canale di scolo dell'acqua, mentre altre due vasche foderate di cocciopesto contenevano l'acqua per il lavaggio. Sopra l'ambiente della fullonica, invece, una grande sala presentava un pavimento riscaldato, di cui rimangono le suspensurae. «Possiamo ancora immaginare gli operai che prendevano l'acqua dalle vasche e pestavano i panni nel catino » suggerisce Vendittelli. Ma non solo. «Non possiamo non mettere in congiunzione la fullonica con la vicina latrina, visto che per smacchiare i panni all'epoca si usava l'urina». «A dire la verità prosegue la direttrice - la fullonica rimase in uso solo pochi decenni: alla fine del II secolo già non funzionava più, anche se l'ambiente, come tutti gli altri, fu frequentato fino alla fine del VI secolo-primi anni del VII quando le volte crollarono o furono distrutte ».
Accanto alla fullonica, è stato rinvenuto un altro ambiente identificabile con un sacello, e cioè una sorta di "tempietto", in uso nel II-III secolo, dedicato a varie divinità di tradizione greca e orientale, come Artemide, Meleagro, Afrodite di Afrodisia, Iside e Dioniso, di cui sono state ritrovate le immagini scultoree. Le statuette delle divinità, ora esposte nel museo, erano poste su un altarebancone strutturato ad arco con un piano laterizio. Mentre nella zona anteriore dell'area si legge ancora, nel pavimento, la traccia di un podio quadrangolare. Su una parete, inoltre, ci scorgono i segni di una nicchia intonacata, che accoglieva una delle immagini di culto. «Abbiamo rinvenuto - sottolinea Vendittelli - anche i resti di un cratere invetriato, riferibile al culto del sacello». Che sarebbe precedente al mitreo (poi trasformato in stalla) già rinvenuto nell'antico quartiere nel 2001.
Come l'ambiente della fullonica, anche il sacello, una volta in disuso, rimase frequentato anche nel corso del V e del VI secolo. A quest'ultima fase appartiene la sistemazione dei capitelli e di un frammento di travertino a terra, usati come piani d'appoggio vicino a focolari, di cui ancora si vedono le tracce annerite sui muri. «Probabilmente venivano usati per cucinare, forse dagli operai della vicina fucina metallurgica che sorse qui nel VI secolo» ipotizza la direttrice. Sono state trovate, infatti, ossa di animali e frammenti di vasellame da cucina e da dispensa.
Gli scavi hanno restituito anche un'ultima curiosità: una statuetta di erote dormiente su un leone databile al XVII secolo, ritrovata nell'interro sotto il pavimento di una delle cantine degli edifici seicenteschi che occupavano l'area della Crypta.

mercoledì 16 aprile 2014

Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare dalle religioni antiche

Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare dalle religioni antiche M. BETTINI, Il Mulino «Se si parte dal principio che gli dèi sono molti viene meno il motivo per affermare che quelli degli altri sono falsi dèi o demoni… All’interno delle nostre società, l’adozione di alcuni quadri mentali propri del politeismo ridurrebbe senz’altro il tasso di conflittualità fra le diverse religioni monoteistiche e le loro interne suddivisioni» Duemila anni di monoteismo ci hanno abituato a ritenere che Dio non possa essere se non unico, esclusivo, vero. Al contrario, il politeismo antico prevedeva la possibilità di far corrispondere fra loro dèi e dèe appartenenti a culture diverse (la greca Artemis alla romana Diana, l’egizia Isis alla greca Athena), ovvero di accogliere nel proprio pantheon divinità straniere. Questa disposizione all’apertura ha fatto sì che il mondo antico non abbia conosciuto quella violenza a carattere religioso che invece ha insanguinato, e spesso ancora insanguina, le culture monoteiste. È possibile attingere oggi alle risorse del politeismo per rendere più agevoli e sereni i rapporti fra le varie religioni? «La traduzione delle divinità costituiva dunque una sorta di strumento a raggiera, un sestante utilizzato a trecentosessanta gradi per orientarsi all’interno dell’universo religioso altrui e per definire i rapporti che il “nostro” sistema religioso aveva con esso. E questo anche al di là dell’intensità dei rapporti economici, politici, commerciali, artistici e così via, attivi fra i popoli in questione. Il fatto è che, come vedremo meglio più avanti, la traduzione degli dèi e delle dèe costituiva non solo un punto di arrivo nei rapporti fra culture, ma anche un punto di partenza» (p. 53);

sabato 1 marzo 2014

Ingegneria dei greci e dei romani

Carmelo G. Malacrino 
Ingegneria dei greci e dei romani.
 Il Tempio di Artemide a Efeso costruito dall’architetto Chersifrone nel VI secolo a.C., il grande Mausoleo di Alicarnasso voluto dal re Mausolo due secoli dopo, il Faro di Alessandria progettato da Dinocrate con i suoi oltre 100 metri di altezza, il Colosso di Rodi che nel III secolo monumentalizzava il porto della città greca. Tutte queste realizzazioni, entrate a far parte delle sette meraviglie del mondo antico, sono il frutto di secoli di sperimentazioni tecniche e ingegneristiche, che portarono a grandi progressi nelle realizzazioni architettoniche. Fondazioni realizzate per stabilizzare edifici di dimensioni gigantesche su terreni a volte instabili, sistemi per il sollevamento di enormi conci lapidei, pesanti varie tonnellate, lo sviluppo nei metodi di realizzazione di coperture sempre più monumentali, metodi per scavare gallerie e canalizzazioni sotterranee, procedure per approvvigionare d’acqua città lontane dalle fonti idriche sono solo alcune delle soluzioni escogitate dagli architetti greci e tramandateci dagli scrittori antichi, dalle iscrizioni o ricercate nelle indagini archeologiche. Insomma, i Greci si trovarono ad affrontare numerosi problemi architettonici per rispondere alle necessità sempre crescenti delle poleis e dei ricchi committenti privati. I Romani, dal canto loro, da un lato subirono l’influsso delle grandi creazioni greche e microasiatiche, dall’altro svilupparono tecniche e metodi costruttivi propri, primi fra tutti l’opus caementicium. Il suo impiego permise nuove conquiste spaziali, con la realizzazione di coperture voltate che, come nel caso del Pantheon, restarono ineguagliate per molti secoli. Nuovi progressi si fecero in età romana nel campo della costruzione delle strade, degli acquedotti, nell’erezione di monumentali edifici termali e di ninfei decorati la cui realizzazione spesso oltrepassava la mera funzionalità e assumeva il significato di status per le città che li conteneva. Pp. 214, formato grande, completamente illustrato, cop. rigida con sovracop. Arsenale, 2013. Euro 39,00

ma Renovata Resurgat. Il Tradizionalismo Romano tra Ottocento e Novecento

Fabrizio Giorgio. – Roma Renovata Resurgat. Il Tradizionalismo Romano tra Ottocento e Novecento. Due volumi. L'8 novembre del 392 l'imperatore Teodosio I emanò un editto che mutò il corso della storia dell'Occidente romano: con esso veniva definitivamente vietata ogni manifestazione, sia pubblica che privata, del culto pagano. Era l'epilogo di una lunga lotta che aveva visto contrapporsi, per più di due secoli e mezzo, gli adepti della nuova religione venuta dall'Oriente e i seguaci dei culti Tradizionali romani. Inizia dopo questa data un'altra storia del paganesimo, una storia poco conosciuta e, sino a non molti anni fa, poco indagata dagli studiosi: quella della trasmissione occulta dei culti aviti e dell'antica sapienza. La sopravvivenza in determinati ambienti iniziatici del bagaglio sapienziale romano, sia quello di carattere più propriamente religioso, sia quello riguardante alcuni aspetti fondamentali della più arcaica storia della Penisola, rappresenta uno degli aspetti più enigmatici e al contempo più affascinanti della storia d'Italia. Questo libro si prefigge come obiettivo di analizzare una corrente culturale che alle soglie del ventesimo secolo testimoniò il persistere di questa Tradizione millenaria. Pp. 638+XVI. Sigillo, 2010. Euro 45,00

mercoledì 12 febbraio 2014

L'odissea dell'Apollo di Gaza, statua sequestrata da Hamas e poi scomparsa

video ed articolo completo al seguente link:

L'odissea dell'Apollo di Gaza, statua sequestrata da Hamas e poi scomparsa - Rai News:

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Ritrovata, sequestrata e poi nuovamente scomparsa. Comincia ad essere un’odissea quella dell’Apollo di Gaza.

La seconda vita della statua di bronzo, di poco meno di due metri, era cominciata nel settembre scorso e riportata in Italia dal quotidiano La Repubblica. Nella rete del pescatore Mounir, nella spiaggia antistante Deir al-Balah, a metà della Striscia di Gaza, era rimasto impigliato un braccio dell'Apollo. Mounir, aiutato dai suoi figli riesce a portare a casa quei cinquecento chili nascosti per venticinque secoli e, pensando che fosse oro, ne mozza un dito, per cercare un acquirente. Ma nella striscia di Gaza le voci girano velocemente e giungono anche ad Hamas.

La polizia la sequestra, viene scoperto che si tratta di bronzo e subito viene riconosciuto il valore come reperto dell’arte ellenica. Ma c’è un problema di natura religiosa: l'Islam vieta la riproduzione della figura umana nell'arte. E poi Apollo è nudo: impossibile mostrarlo in pubblico.

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