domenica 29 maggio 2011

Non si chiama più Venere ma «Dea di Morgantina»

Non si chiama più Venere ma «Dea di Morgantina»
Tony Zermo
La Sicilia 23/5/2011

Aphrodite, Demetra, Kore: troppa incertezza
Buono il flusso di visitatori: 2.000 in due giorni

Adesso hanno deciso di chiamarla «Dea», non più Venere, né Aphrodite, né Demetra. Nel dubbio meglio Dea. hanno pensato all'assessorato regionale dei Beni culturali. «Non possiamo permetterci di sbagliare suscitando le critiche degli archeologi di mezzo mondo», hanno spiegato. E così sarà Dea, come già appare sui manifesti. Al Paul Getty museum di Los Angeles l'hanno chiamata Venere per 30 anni e il nome, anche se sbagliato, le era rimasto appiccicato. Adesso si cambia, così è se vi pare. Tutto sommato, può anche andar bene, «Dea» fa la sua figura nell'immaginario collettivo. E come una Dea appare ai visitatori, anche se è storpiata, le mancano braccio e piede sinistro, e anche il naso è sbucciato. Spiegano: «La statua, forse per un terremoto di migliaia di anni fa, dev'essere caduta rompendosi in tre pezzi, ed è caduta con la testa in già rompendosi il naso. Le fratture del corpo sono state ricomponibili facilmente, non erano scomposte. Per il naso gli archeologi hanno deciso di non intervenire». Il flusso dei visitatori è alto, sono stati in duemila tra venerdì e sabato. Ogni giorno stanno arrivando cinque pullman intorno a mezzogiorno e altrettanti nel pomeriggio. Tra i turisti anche giapponesi, americani ed europei. L'incasso è considerevole se si tiene conto che l'ingresso al museo è stato portato a sei euro e chi vuole vedere anche la vecchia Morgantina c'è un biglietto complessivo di dieci euro. Diciamo che 200-300 mila visitatori l'anno sono preventivabili, il che significa 2-3 milioni l'anno. Sta nascendo qualche B&B, qualche trattoria, ma se ci sarà anche un robusto sviluppo commerciale bisogna vederlo più in là, quando altri saranno invogliati ad investire. Lo abbiamo detto: c'è bisogno di migliorare le strade di accesso e di cominciare a pensare a un raccordo autostradale con la Catania-Palermo. L'Anas è uno dei pochi enti che al momento ha buona capacità di spesa. Perché non ci fa un pensierino, mettendo eventualmente il pedaggio? Il circuito archeologico ovviamente sarà completo quando a ottobre (o forse novembre) la Villa del Casale di Piazza Armerina sarà interamente aperta e si farà un biglietto unico Aidone-Piazza Armerina. Alto commissario della Villa del Casale è Vittorio Sgarbi, ma questi lavori si protraggono ormai da sette anni, da quando nel 2004 c'è stata la nomina del critico d'arte sindaco di Salemi. Questa Villa romana ha sopportato un sacco di traversie, c'è stata perfino una fase in cui una mano ignota ha strofinato della pece sui magnifici mosaici del III secolo d.C. Ci furono inchieste giudiziarie, si misero le telecamere per controllare quel che succedeva, poi si cominciarono i lavori, ma i primi furono insoddisfacenti perché la copertura in plexiglas creava un «effetto serra». Ora con l'istituto regionale del restauro pare che tutto cominci ad andare nel verso giusto. Ma bisogna darci sotto con i lavori perché sette anni di attesa sono troppi. Il ministro dei Beni culturali Giancarlo Galan, che almeno lui era presente all'inaugurazione della Dea di Morgantina (mentre il presidente Napolitano si è fatto rappresentare dal suo consigliere culturale, che è francese, Luis Godart) ha detto che «Piazza Armerina a pieno regime fa 500 mila visitatori, a Morgantina dovete essere bravi a farne almeno altri 200 mila». Noi aggiungiamo che se ci fosse una connessione autostradale si potrebbe arrivare anche a un milione. Il che darebbe vita e sostanza ad uno sviluppo che al centro della Sicilia non c'è mai stato. Galan e Lombardo perché non parlano con l'Anas?

sabato 28 maggio 2011

La Stampa Tuttolibri 23.4.11
Intorno a Bacco si degusta la vita
Claudio Franzoni

Simposio Un rito stabile per secoli: bere vino puro, conversare, amare, divertirsi
Scena di banchetto su un cratere a figure rosse del IV sec. a. C.

Non è accaduto a caso che a volte, in passato, il termine greco symposion sia stato tradotto con «banchetto», come, ad esempio, nel film che Marco Ferreri trasse dal Simposio di Platone nel 1988; il fatto è che ci viene naturale ricondurre alla nostra esperienza ciò che incontriamo nel mondo antico, e dunque anche le occasioni conviviali, quasi che le forme del mangiare e del bere siano le stesse sempre e dappertutto.
Negli ultimi vent’anni la saggistica di ambito anglosassone e francese ci ha spiegato invece che il simposio antico non era per niente paragonabile ai conviti, pubblici o privati, del Medioevo e dell’età moderna, tanto meno a quelli del nostro tempo. Si inserisce in questo ambito di ricerca anche il libro che Maria Luisa Catoni dedica a questo tema, facendo il punto sugli studi precedenti e aprendo nuovi fronti di discussione.
Il simposio era, come dice il nome, una «bevuta assieme», le cui forme, forse apprese dai Fenici, divennero dopo l’età omerica un vero e proprio contrassegno dello stile di vita aristocratico in Grecia. Al di là delle possibili varianti, il meccanismo del simposio dovette restare stabile per secoli: gli ospiti si accomodavano in una sala apposita della casa, l’ andrón («sala degli uomini») - termine che basterebbe a illustrare la destinazione esclusivamente maschile della «bevuta» - e qui si sdraiavano sui letti (di solito sette), modalità ereditata da forme conviviali orientali. Al centro della stanza era posto il cratere, un grande recipiente per mescolare vino e acqua: l’assunzione moderata del vino diventa infatti uno dei punti chiave dell’etica simposiale. Dal cratere si attingeva per riempire le larghe coppe decorate di ciascun invitato. Si iniziava con una libagione e una preghiera, ci si lavava, ci si incoronava con edera: azioni che iscrivevano il simposio in un ambito sacro e che ne rimarcavano il carattere rituale.
Tutto questo e molti altri dettagli si scoprono appunto in Bere vino puro , grazie anche al corredo di oltre 150 illustrazioni tratte proprio da quei vasi a figure nere e a figure rosse che servivano per lo svolgimento dei simposi e che vennero prodotti in Attica tra VI e V secolo prima di Cristo. Ma il saggio non punta tanto a descrivere lo svolgimento del simposio, quanto a osservare in questo «microcontesto quello che avviene nello spazio più ampio della polis e del mondo greco».
Del resto l’obbiettivo del simposio non era solo quello di condividere il piacere del vino, ma quello di conversare, di discutere temi filosofici, di eseguire o ascoltare canti e brani poetici; c’era posto anche per gli incontri amorosi, ed eventualmente per divertimenti, per giochi, per la baldoria finale. Attraverso queste «bevute assieme» i gruppi aristocratici rinsaldavano i rapporti reciproci e riaffermavano la propria identità; nello spazio modesto dell’ andrón viene così rappresentata la complessità della dialettica politica e sociale: basterebbe leggere i vivaci paragrafi sugli invitati e sugli esclusi (che però a volte vengono ugualmente e ne approfittano).
Ripetutamente l’autrice cambia angolazione e ordine di domande, affrontando anche problemi di metodo; in particolare, a proposito dell’interpretazione iconografica, non nasconde anche nodi problematici, come quello dei percorsi commerciali dei vasi da simposio: come mai migliaia di essi finirono in Occidente, magari destinati a conviti non greci o addirittura a corredi funerari di area etrusca?
Uno dei cardini del lavoro è l’analisi comparata di poesia e iconografie; sin dall’età arcaica infatti la lirica greca usa il simposio quale argomento, come quando Alceo incita i compagni a brindare per la morte del tiranno Mirsilo o invita a colmare le coppe «fino all’orlo» (ma di «due parti di acqua e una di vino»); nello stesso arco
Una «ricostruzione» di Maria Luisa Catoni nella antica Grecia con l’analisi comparata di poesia e iconografie

martedì 10 maggio 2011

Veduta di Delfo e delle due rupi del Parnasso

                                                     Veduta di Delfo e delle due rupi del Parnasso

lunedì 9 maggio 2011

Visita ad Esculapio

                                                Visita ad Esculapio