Corriere della Sera 28.8.10
L’invenzione dell’altalena che salvò le ragazze di Atene
di Eva Cantarella
Pochi giochi ci hanno reso felici, nell’infanzia, come l’altalena: la sensazione di volare, di toccare il cielo, il vento tra i capelli… Un gioco semplice, universale. Vien fatto di pensare che sia sempre esistito. Ma i greci non la pensavano così. L’altalena, per loro, aveva un luogo e un momento di nascita ben precisi, e anche, quantomeno ad Atene, una importantissima funzione sociale. A raccontarci quale fosse questa funzione è, come sempre, un mito. Nella specie, un mito poco noto, ma legato a uno celeberrimo: quello degli Atridi raccontato da Eschilo nell’Orestea. La perfida Clitennestra, che d’accordo con il suo amante Egisto ha ucciso il marito Agamennone, viene uccisa dal figlio Oreste, che vuole — e nella mentalità dell’epoca deve — vendicare il padre. Ma, anche in quel mondo, il terribile mondo della vendetta, il matricidio è una colpa inespiabile. Perseguitato dal rimorso Oreste fugge, inseguito, oltre che dalle Erinni che vogliono fargli pagare il terribile gesto, anche dalla sorellastra Erigone, la figlia che Clitennestra ha avuto da Egisto. Ma quando giunge ad Atene Oreste viene assolto: «Il vero genitore — decreta la dea Atena, esprimendo quel che pensavano se non tutti, quantomeno molti greci — non è la madre, bensì il padre». A questo punto Erigone, disperata, si impicca. Senonché, quando la notizia si sparge, le vergini ateniesi, come se fossero state contagiate, prendono a impiccarsi in massa. La città rischia di estinguersi. Preoccupatissimi, gli ateniesi si precipitano a interpellare l’oracolo di Apollo, che suggerisce un rimedio: basta costruire delle altalene, così che le ragazze possano dondolarsi nell’aria, come quelle che si impiccano, ma senza perdere la vita. La città è salva, gli ateniesi sono felici, le ragazze ateniesi ancor più di loro, e l’altalena diventa il gioco preferito delle ragazze di tutti i tempi.