Corriere della Sera 4.1.11
Riscoperta la lingua di Giasone
di Eva Cantarella
La lingua degli Argonauti. Esisterebbe ancora, e sarebbe il dialetto romeyka parlato da una piccola comunità del nord-est della Turchia, in quella che durante l’antica Grecia era la colonia di Pontus. Questa scarna notizia battuta ieri dalle agenzie di stampa evoca immagini fantastiche, che appartengono al patrimonio mitologico che la Grecia ci ha lasciato. Gli Argonauti sono i compagni d’avventura di Giasone (nella foto, scolpito da Thorvaldsen nel 1803), che sulla nave «Argo» partirono alla volta della Colchide per riportare in Grecia il vello d’oro. Discendente di Eolo, dio dei venti, Giasone era figlio di Esone, re della città di Iolco. A compiere l’impresa che gli avrebbe dato gloria eterna era stato costretto: mentre si trovava sul monte Pelio, per essere educato dal centauro Chirone, il regno di suo padre Esone era stato usurpato dal fratellastro Pelia. Ma un giorno Giasone, ormai adulto, torna a Iolco, e l’usurpatore Pelia escogita un piano per sbarazzarsi di lui: gli cederà il trono se riuscirà a riportare in Grecia il vello del prodigioso montone che tempo addietro, dopo essere volato fino alla lontana Colchide, era finito nelle mani del re Aete, figlio del Sole e padre di Medea. L’impresa che Giasone avrebbe dovuto compiere era impossibile. Ma Medea si innamorò di lui, ed essendo maga lo aiutò a uccidere il drago e a recuperare il vello d’oro. Oggi Giasone torna alla ribalta perché il greco da lui parlato sopravvivrebbe in una delle zone dove (quanti millenni or sono?) sarebbe passato l’equipaggio della nave Argo. Anche se, quanto meno a una prima impressione, par di capire che si tratti di un greco più simile a quello della koinè — la lingua parlata in Asia minore a partire del IV secolo a. C. — la notizia regala un’emozione a chiunque ami la Grecia e i suoi miti. Ovviamente, a questo punto la parola passa ai linguisti.