Scoperto a Selinunte un tempio di 2600 anni fa
Paola Nicita
12 LUGLIO 2012, LA REPUBBLICA - Palermo
Paola Nicita
12 LUGLIO 2012, LA REPUBBLICA - Palermo
IMPORTANTE
scoperta archeologica a Selinunte. Gli scavi portano alla luce un
tempio più antico di quelli conosciuti, e permettono la datazione del
sito tra il 630 e il 650 avanti Cristo. Insieme al tempio dalle colonne
in legno, sottostante al Tempio R, affiorano oggetti votivi di grande
bellezza, come un flauto d’osso, un frammento ceramico attico, un
braccialetto e una effigie femminile che attribuisce la dedica del sito a
Demetra.
È il più antico tempio di Selinunte, che con il suo carico di mistero porta con sé molte novità: prima fra tutte la datazione del sito, intanto, che per la prima volta si lega con certezza ad uno scavo archeologico, e segna la data del 650 — 630 avanti Cristo, confermando così la tesi dello storico Diodoro.
Il tempio arcaico, rinvenuto sotto il pavimento del tempio R è una vera miniera: sotto la pavimentazione, la campagna di scavi condotta dal dipartimento dei Beni culturali, Parco Archeologico di Selinunte e Institute of Fine Arts della New York University, con l’équipe guidata da Clemente Marconi, ha rilevato la presenza di due grandi fori per pali legno, che dovevano costituire il colonnato centrale, e vari oggetti, come un flauto d’osso, una punta di freccia, una vaso protocorinzio e una statuetta votiva.
Caterina Greco, archeologa responsabile del Parco di Selinunte, spiega: «Questi fori sono da attribuirsi al posizionamento del colonnato in legno, centrale rispetto al sito sacro. Insieme a questi fori, sono stati ritrovati molti elementi votivi, e ceramiche datate introno al 650 avanti Cristo, elementi che permettono di riscrivere la storia della città di Selinunte, confermando che c’è ancora molto da scavare e da scoprire».
Il tempio R è un edificio sacro senza colonne, tra i più antichi, ma tra i meno indagati: i saggi condotti al di sotto del sito, hanno rilevato una stratigrafia complessa, che va dall’età classica a quella arcaica; scavando oltre la fondazione, sono emersi i resti di un edificio più antico, sottostante al tempio R.
«Prima d’ora non si era mai potuta attribuire con certezza la dedica del santuario ad una data divinità — prosegue Caterina Greco — Grazie ai reperti rintracciati con questa campagna di scavi, il nome di Demetra appare molto probabile. Lo testimonierebbero le statuette fittili con effigi femminili. E poi, se la data di fondazione e quella del tempio sottostante coincidono, occorre ricordare che la fondazione di Selinunte, è avvenuta con la presenza dei Megaresi, e quindi la divinità protettrice di questo luogo è proprio Demetra. Nell’edificio meno appariscente è custodita la storia più antica, e più importante, di Selinunte».
Di templi con il colonnato in legno ce ne sono pochissimi in tutto il mondo: la precarietà dei materiali e la successiva edificazione soprastante, uniti ad un implacabile trascorrere del tempo, hanno fatto sì che di queste testimonianze si contino sulle dita di una mano. «I precedenti — spiega la responsabile del Parco — si possono individuare a Megara Iblea, sempre in Sicilia, e in Grecia, in Eubea».
In età ellenistica, verso il 300 avanti Cristo, l’interno del tempio R fu colmato con uno spesso riempimento, con tegole, terra e anfore, alto più di un metro. Il risultato è avere integralmente sigillato i livelli arcaici e classici del Tempio R, facendo oggi ritrovare perfettamente conservato il piano pavimentale del V secolo. «L’analisi fino ad ora condotta — dice la Greco — ha permesso di rintracciare dei frammenti e degli oggetti di grande rilievo, che ci raccontano quale importanza sociale, strategica, economica, avesse la città di Selinunte: per fare un esempio importante, possiamo osservare il frammento di una lekythos attica, un vaso a fondo bianco, sulla quale è dipinto un Efebo accanto all’Erote, figura alata che reca in mano una corona ed è affiancato da una scritta: è un lavoro ascrivibile al pittore ateniese Douris, l’artista ceramico più importante tra gli Ateniesi, che operò nel V secolo avanti Cristo. Un particolare,
questo, che permette di capire quale rilievo e potere avesse Selinunte».
Tra i reperti votivi recuperati, uno si distingue particolarmente per bellezza e assoluta rarità: un flauto realizzato in osso di capra,
presenza di cui si ha notizia solo in un paio di altre occasioni, in tutto il Mediterraneo. «Questo flauto — spiega la direttrice del Parco — fa immaginare una deposizione rituale con corteo musicale, e il sacrificio dell’oggetto musicale, prezioso, racconta dell’importanza votiva della divinità, oltre che della raffinatezza del rito celebrato».
Ancora più antico è il reperto di una punta di freccia, elemento di guerra che ricollega la donazione sacra ad una presenza di soldati, e fa retrodatare il sacrificio ad una cronologia anteriore. Ci sono, poi, alcuni frammenti di terrecotte policrome raffiguranti figure di animali — cervi e antilopi, probabilmente — inserite in festoni con decorazioni geometriche, soprastanti e sottotostanti, una Lekythos protocorinzia, e ancora un braccialetto di bronzo con motivi a rilievo. La direttrice del parco ne è certa: Selinunte ha ancora molte sorprese da svelare.
Clemente Marconi, responsabile dello scavo per la parte americana,
dice chiaro che «questo predecessore del tempio R è uno dei templi più antichi scavati in Sicilia. È una scoperta che dimostra come la costruzione dei templi da dedicare alle principali divinità della polis fosse uno degli atti che venivano eseguiti contestualmente alla fondazione delle colonie».
«Questo scavo — conclude l’assessore ai Beni culturali Sebastiano Missineo — è la prova che possediamo un giacimento di tesori ancora da esplorare».
È il più antico tempio di Selinunte, che con il suo carico di mistero porta con sé molte novità: prima fra tutte la datazione del sito, intanto, che per la prima volta si lega con certezza ad uno scavo archeologico, e segna la data del 650 — 630 avanti Cristo, confermando così la tesi dello storico Diodoro.
Il tempio arcaico, rinvenuto sotto il pavimento del tempio R è una vera miniera: sotto la pavimentazione, la campagna di scavi condotta dal dipartimento dei Beni culturali, Parco Archeologico di Selinunte e Institute of Fine Arts della New York University, con l’équipe guidata da Clemente Marconi, ha rilevato la presenza di due grandi fori per pali legno, che dovevano costituire il colonnato centrale, e vari oggetti, come un flauto d’osso, una punta di freccia, una vaso protocorinzio e una statuetta votiva.
Caterina Greco, archeologa responsabile del Parco di Selinunte, spiega: «Questi fori sono da attribuirsi al posizionamento del colonnato in legno, centrale rispetto al sito sacro. Insieme a questi fori, sono stati ritrovati molti elementi votivi, e ceramiche datate introno al 650 avanti Cristo, elementi che permettono di riscrivere la storia della città di Selinunte, confermando che c’è ancora molto da scavare e da scoprire».
Il tempio R è un edificio sacro senza colonne, tra i più antichi, ma tra i meno indagati: i saggi condotti al di sotto del sito, hanno rilevato una stratigrafia complessa, che va dall’età classica a quella arcaica; scavando oltre la fondazione, sono emersi i resti di un edificio più antico, sottostante al tempio R.
«Prima d’ora non si era mai potuta attribuire con certezza la dedica del santuario ad una data divinità — prosegue Caterina Greco — Grazie ai reperti rintracciati con questa campagna di scavi, il nome di Demetra appare molto probabile. Lo testimonierebbero le statuette fittili con effigi femminili. E poi, se la data di fondazione e quella del tempio sottostante coincidono, occorre ricordare che la fondazione di Selinunte, è avvenuta con la presenza dei Megaresi, e quindi la divinità protettrice di questo luogo è proprio Demetra. Nell’edificio meno appariscente è custodita la storia più antica, e più importante, di Selinunte».
Di templi con il colonnato in legno ce ne sono pochissimi in tutto il mondo: la precarietà dei materiali e la successiva edificazione soprastante, uniti ad un implacabile trascorrere del tempo, hanno fatto sì che di queste testimonianze si contino sulle dita di una mano. «I precedenti — spiega la responsabile del Parco — si possono individuare a Megara Iblea, sempre in Sicilia, e in Grecia, in Eubea».
In età ellenistica, verso il 300 avanti Cristo, l’interno del tempio R fu colmato con uno spesso riempimento, con tegole, terra e anfore, alto più di un metro. Il risultato è avere integralmente sigillato i livelli arcaici e classici del Tempio R, facendo oggi ritrovare perfettamente conservato il piano pavimentale del V secolo. «L’analisi fino ad ora condotta — dice la Greco — ha permesso di rintracciare dei frammenti e degli oggetti di grande rilievo, che ci raccontano quale importanza sociale, strategica, economica, avesse la città di Selinunte: per fare un esempio importante, possiamo osservare il frammento di una lekythos attica, un vaso a fondo bianco, sulla quale è dipinto un Efebo accanto all’Erote, figura alata che reca in mano una corona ed è affiancato da una scritta: è un lavoro ascrivibile al pittore ateniese Douris, l’artista ceramico più importante tra gli Ateniesi, che operò nel V secolo avanti Cristo. Un particolare,
questo, che permette di capire quale rilievo e potere avesse Selinunte».
Tra i reperti votivi recuperati, uno si distingue particolarmente per bellezza e assoluta rarità: un flauto realizzato in osso di capra,
presenza di cui si ha notizia solo in un paio di altre occasioni, in tutto il Mediterraneo. «Questo flauto — spiega la direttrice del Parco — fa immaginare una deposizione rituale con corteo musicale, e il sacrificio dell’oggetto musicale, prezioso, racconta dell’importanza votiva della divinità, oltre che della raffinatezza del rito celebrato».
Ancora più antico è il reperto di una punta di freccia, elemento di guerra che ricollega la donazione sacra ad una presenza di soldati, e fa retrodatare il sacrificio ad una cronologia anteriore. Ci sono, poi, alcuni frammenti di terrecotte policrome raffiguranti figure di animali — cervi e antilopi, probabilmente — inserite in festoni con decorazioni geometriche, soprastanti e sottotostanti, una Lekythos protocorinzia, e ancora un braccialetto di bronzo con motivi a rilievo. La direttrice del parco ne è certa: Selinunte ha ancora molte sorprese da svelare.
Clemente Marconi, responsabile dello scavo per la parte americana,
dice chiaro che «questo predecessore del tempio R è uno dei templi più antichi scavati in Sicilia. È una scoperta che dimostra come la costruzione dei templi da dedicare alle principali divinità della polis fosse uno degli atti che venivano eseguiti contestualmente alla fondazione delle colonie».
«Questo scavo — conclude l’assessore ai Beni culturali Sebastiano Missineo — è la prova che possediamo un giacimento di tesori ancora da esplorare».