il Riformista 21.12.08
Joumana Haddad. Scrivo col mio corpo per la libertà delle arabe
Poetessa e giornalista, ha ideato una rivista, Jasad, definita il Playboy del Libano. Sul primo numero c'è una donna nuda
di Andreana Saint Amour
38 anni, cattolica, di famiglia tradizionalista Joumana Haddad parla sette lingue, tra cui ...
«Scrivere per me non è solo un atto cerebrale. Io scrivo con la testa ma anche con le unghie. La scrittura è un atto fisico concreto. Quando lascio la penna provo una soddisfazione che è simile al piacere sessuale». Joumana Haddad, poetessa, giornalista, ideatrice e direttrice del trimestrale Jasad, (corpo), scrive con il corpo. Body Talk è il titolo dell'editoriale che presenterà al pubblico la più chiacchierata e attesa rivista in lingua araba, vietata ai minori di 18 anni, che da domani sarà nelle edicole e nelle librerie di Beirut . Siamo oltre la body art perché la vera sfida per il mondo arabo e per il mondo occidentale non è rappresentare, ma parlare del corpo.
Perché Jasad? «Perché il corpo è la verità di tutti noi», si legge nell'editoriale, «è la nostra verità individuale, e la nostra verità collettiva. Ed è la nostra identità, e il nostro tratto distintivo, e il nostro linguaggio. E certamente perché questo corpo è stato sottratto alla nostra vita, alla nostra cultura e alla nostra lingua araba». In copertina sul primo numero di Jasad c'è un corpo nudo femminile perfettamente leggibile sotto un drappo rosso, la J è disegnata come una manetta aperta perché «è necessario rompere i tabù». La stampa, e non solo quella locale, ha presentato Jasad come la versione araba di Playboy partendo da un equivoco di fondo: «Nel mondo arabo quando si pronuncia la parola corpo si pensa subito alle sue implicazioni erotiche e non si va oltre» spiega Haddad, «ma è sconcertante accorgersi che anche nel mondo occidentale quando una donna araba parla di corpo si arrivi alle stesse banali conclusioni. Finora chi ha giudicato questo mio progetto lo ha fatto partendo da un pregiudizio senza aver visto o letto il prodotto finito. Intellettuali, artisti e scrittori arabi, uomini e donne, parleranno del corpo in tutte le sue declinazioni: erotiche, sociali ed etiche/anti-estetiche» con l'imperativo di liberare il corpo arabo. In pratica, almeno da noi in Occidente, si può dire che si è aperta una polemica immaginando un prodotto che non è mai esistito. Una virtualità che la dice lunga sulla capacità di analisi della «nostra» cultura rispetto alla complessa realtà di un mondo arabo difficilmente riconducibile a un unico modulo.
Ma c'è un dato che va messo a fuoco. Jasad esce in Libano, una nazione in terra mediorientale ma di forte cultura (inclusa la lingua dominante) francese in cui convivono costumi rigorosamente tradizionali accanto a quelli occidentali senza che i due universi entrino in collisione. Sicuramente l'effetto più dirompente si registrerà nel resto del Medio Oriente, quello più marcatamente musulmano, e nel Maghreb dove la rivista sarà distribuita per abbonamento. Le critiche sono molte, le aspettative anche, «ognuno troverà quello che sta cercando». Quindi, a ben guardare, non si tratta di infrangere un tabù perché Joumana Haddad a 38 anni i tabù li ha già abbattuti tutti. Molto tempo fa. Cattolica, famiglia tradizionalista, sette lingue parlate fluentemente, tra cui un impeccabile italiano. Separata dal primo marito, due figli di 9 e 16 anni, da qualche tempo ha un nuovo compagno ma ha deciso di non viverci insieme non per timore di sfidare i pregiudizi musulmani, ma perché, dice, la convivenza è nemica di qualsiasi coppia. Joumana, sia come donna che come letterata, incarna la doppia identità del Libano: non rinnega le sue radici ma adotta un costume di vita fortemente occidentalizzato. L'ideale per creare un ponte tra due realtà che dialogano con difficoltà.
Scrive poesie erotiche molto esplicite e crude che ruotano attorno all'onnipresente tema del corpo con cui ha cominciato a fare i conti a dodici anni leggendo di nascosto il Marchese de Sade. Aspettava che i genitori uscissero di casa, prendeva una sedia, si arrampicava verso l'ultimo scaffale della biblioteca paterna, quello dei libri proibiti che le hanno insegnato cosa significasse libertà mentale. «In Libano la libertà mentale non la puoi usare, ma la puoi raccontare». Però sul suo sito, tradotto in sette lingue, che si apre con un "benvenuti nella notte di Joumana Haddad" sulle note di un motivo arabeggiante, sono disponibili solo le poesie più castigate dove non c'è traccia di erotismo. E se avesse avuto due figlie femmine avrebbe spostato de Sade in basso, su scaffali più raggiungibili? «Glielo avrei fatto leggere a 12 anni. Così come i miei figli sanno tutto quello che c'è da sapere sulle donne. Le donne arabe si lamentano della loro condizione, ma sono le prime a non scardinarla. Hanno la grave responsabilità di crescere i figli maschi con gli stessi valori dei loro padri. La vera nemica della donna è la donna stessa». Per chiudere il cerchio, questa è la stessa tesi che, a qualche migliaio di chilometri di distanza, enuncia un campione delle libertà civili in Iran come l'avvocatessa premio Nobel Shirin Ebadi, che da anni punta il dito contro l'educazione che le donne riservano ai figli maschi. Cioè contro l'incapacità di rompere una catena maschilista, che produce e perpetua delitti e disperazione.
Delicata, discreta e incerta nell'esibire la sua bellezza, Joumana Haddad non porta traccia nei modi e nelle parole della sua personale rivoluzione. La sua attitudine si scontra con la sua letteratura. Non ama molto farsi fotografare e anzi teme, di fronte all'obiettivo, che il suo aspetto risulti alterato. Ma ha idee chiare sul proprio patrimonio intellettuale: «Devo nutrire la testa. Ho avuto un tesoro tra le mani, una libertà mentale che spesso non era possibile usare in Libano. La scrittura è stata per me il modo per trovare una zona franca dove parlare di tutto, senza tabù. Un esercizio quotidiano per convincere gli altri che quello che stavo facendo era importante». Naturalmente giorno per giorno, senza clamori perché, dice, «i grandi cambiamenti si fanno nel microscopico». Proprio perché scrittura e mutamento dei costumi per Joumana procedono di pari passo. Insieme alla sua rivista dove «ognuno troverà quello che sta cercando». Soprattutto le donne, finalmente padrone del loro corpo.
Joumana Haddad. Scrivo col mio corpo per la libertà delle arabe
Poetessa e giornalista, ha ideato una rivista, Jasad, definita il Playboy del Libano. Sul primo numero c'è una donna nuda
di Andreana Saint Amour
38 anni, cattolica, di famiglia tradizionalista Joumana Haddad parla sette lingue, tra cui ...
«Scrivere per me non è solo un atto cerebrale. Io scrivo con la testa ma anche con le unghie. La scrittura è un atto fisico concreto. Quando lascio la penna provo una soddisfazione che è simile al piacere sessuale». Joumana Haddad, poetessa, giornalista, ideatrice e direttrice del trimestrale Jasad, (corpo), scrive con il corpo. Body Talk è il titolo dell'editoriale che presenterà al pubblico la più chiacchierata e attesa rivista in lingua araba, vietata ai minori di 18 anni, che da domani sarà nelle edicole e nelle librerie di Beirut . Siamo oltre la body art perché la vera sfida per il mondo arabo e per il mondo occidentale non è rappresentare, ma parlare del corpo.
Perché Jasad? «Perché il corpo è la verità di tutti noi», si legge nell'editoriale, «è la nostra verità individuale, e la nostra verità collettiva. Ed è la nostra identità, e il nostro tratto distintivo, e il nostro linguaggio. E certamente perché questo corpo è stato sottratto alla nostra vita, alla nostra cultura e alla nostra lingua araba». In copertina sul primo numero di Jasad c'è un corpo nudo femminile perfettamente leggibile sotto un drappo rosso, la J è disegnata come una manetta aperta perché «è necessario rompere i tabù». La stampa, e non solo quella locale, ha presentato Jasad come la versione araba di Playboy partendo da un equivoco di fondo: «Nel mondo arabo quando si pronuncia la parola corpo si pensa subito alle sue implicazioni erotiche e non si va oltre» spiega Haddad, «ma è sconcertante accorgersi che anche nel mondo occidentale quando una donna araba parla di corpo si arrivi alle stesse banali conclusioni. Finora chi ha giudicato questo mio progetto lo ha fatto partendo da un pregiudizio senza aver visto o letto il prodotto finito. Intellettuali, artisti e scrittori arabi, uomini e donne, parleranno del corpo in tutte le sue declinazioni: erotiche, sociali ed etiche/anti-estetiche» con l'imperativo di liberare il corpo arabo. In pratica, almeno da noi in Occidente, si può dire che si è aperta una polemica immaginando un prodotto che non è mai esistito. Una virtualità che la dice lunga sulla capacità di analisi della «nostra» cultura rispetto alla complessa realtà di un mondo arabo difficilmente riconducibile a un unico modulo.
Ma c'è un dato che va messo a fuoco. Jasad esce in Libano, una nazione in terra mediorientale ma di forte cultura (inclusa la lingua dominante) francese in cui convivono costumi rigorosamente tradizionali accanto a quelli occidentali senza che i due universi entrino in collisione. Sicuramente l'effetto più dirompente si registrerà nel resto del Medio Oriente, quello più marcatamente musulmano, e nel Maghreb dove la rivista sarà distribuita per abbonamento. Le critiche sono molte, le aspettative anche, «ognuno troverà quello che sta cercando». Quindi, a ben guardare, non si tratta di infrangere un tabù perché Joumana Haddad a 38 anni i tabù li ha già abbattuti tutti. Molto tempo fa. Cattolica, famiglia tradizionalista, sette lingue parlate fluentemente, tra cui un impeccabile italiano. Separata dal primo marito, due figli di 9 e 16 anni, da qualche tempo ha un nuovo compagno ma ha deciso di non viverci insieme non per timore di sfidare i pregiudizi musulmani, ma perché, dice, la convivenza è nemica di qualsiasi coppia. Joumana, sia come donna che come letterata, incarna la doppia identità del Libano: non rinnega le sue radici ma adotta un costume di vita fortemente occidentalizzato. L'ideale per creare un ponte tra due realtà che dialogano con difficoltà.
Scrive poesie erotiche molto esplicite e crude che ruotano attorno all'onnipresente tema del corpo con cui ha cominciato a fare i conti a dodici anni leggendo di nascosto il Marchese de Sade. Aspettava che i genitori uscissero di casa, prendeva una sedia, si arrampicava verso l'ultimo scaffale della biblioteca paterna, quello dei libri proibiti che le hanno insegnato cosa significasse libertà mentale. «In Libano la libertà mentale non la puoi usare, ma la puoi raccontare». Però sul suo sito, tradotto in sette lingue, che si apre con un "benvenuti nella notte di Joumana Haddad" sulle note di un motivo arabeggiante, sono disponibili solo le poesie più castigate dove non c'è traccia di erotismo. E se avesse avuto due figlie femmine avrebbe spostato de Sade in basso, su scaffali più raggiungibili? «Glielo avrei fatto leggere a 12 anni. Così come i miei figli sanno tutto quello che c'è da sapere sulle donne. Le donne arabe si lamentano della loro condizione, ma sono le prime a non scardinarla. Hanno la grave responsabilità di crescere i figli maschi con gli stessi valori dei loro padri. La vera nemica della donna è la donna stessa». Per chiudere il cerchio, questa è la stessa tesi che, a qualche migliaio di chilometri di distanza, enuncia un campione delle libertà civili in Iran come l'avvocatessa premio Nobel Shirin Ebadi, che da anni punta il dito contro l'educazione che le donne riservano ai figli maschi. Cioè contro l'incapacità di rompere una catena maschilista, che produce e perpetua delitti e disperazione.
Delicata, discreta e incerta nell'esibire la sua bellezza, Joumana Haddad non porta traccia nei modi e nelle parole della sua personale rivoluzione. La sua attitudine si scontra con la sua letteratura. Non ama molto farsi fotografare e anzi teme, di fronte all'obiettivo, che il suo aspetto risulti alterato. Ma ha idee chiare sul proprio patrimonio intellettuale: «Devo nutrire la testa. Ho avuto un tesoro tra le mani, una libertà mentale che spesso non era possibile usare in Libano. La scrittura è stata per me il modo per trovare una zona franca dove parlare di tutto, senza tabù. Un esercizio quotidiano per convincere gli altri che quello che stavo facendo era importante». Naturalmente giorno per giorno, senza clamori perché, dice, «i grandi cambiamenti si fanno nel microscopico». Proprio perché scrittura e mutamento dei costumi per Joumana procedono di pari passo. Insieme alla sua rivista dove «ognuno troverà quello che sta cercando». Soprattutto le donne, finalmente padrone del loro corpo.